LETTURE DEL BLOG N. 120.882 AL 24 GENNAIO 2024

Associazione "I NETINI di ROMA"


Basilica SS. Cosma e Damiano
Roma




lL Comm Silvio Celeste è il Presidente de "I Netini di Roma". L'Associazione, eretta nel 1980, dal 1981 celebra con grande fede ed entusiamo l'annuale festa di S. Corrado il sabato seguente il 19 febbraio nella basilica dei Ss. Cosma è Damiano, in via dei Fori Imperiali, dove c'è un grande affresco di San Corrado, opera del pittore Francesco Allegrini (1640)


Le immagini della celebrazione della Festa del Patrono San Corrado Confalonieri tenuta a Roma sabato 23 febbraio 2008




1. La solenne Eucaristia - Celebranti: mons. Salvatore Guastella assistente spirituale de 'I Netini di Roma' e mons. Carmelo Giarratana parroco emerito dei Santi Protomartiri Romani; assistente l'Accolito Francesco Lauciello.





2. La Schola Cantorum 'Meine Freude' della parrocchia Ss. Aquila e Priscilla, diretta dal M° Vittorio Capuzo, all'organo la prof.ssa M. Teresa Muscianisi - esegue l'Inno di S. Corrado e i canti liturgici polifonici.




3. L'assemblea dei Netini e Amici devoti del Santo Piacentino. Al primo banco, (da sinistra) Carmelo Leto e tre consiglieri dell'Associazione: Gaetano Cappello, Franco Cataldi e Pino Conselmo.


I Netini di Roma

celebrano il patrono San Corrado

23 febbraio 2008

Basilica Santi Cosma e Damiano ai Fori Imperiali

(omelia)

A Noto, San Corrado è annualmente celebrato il 19 febbraio, giorno del suo beato transito. Sempre attorno al 19 febbraio – e quest’anno sabato 23 – noi Netini di Roma ci ritroviamo ad onorarlo in questa prestigiosa basilica dei Ss. Cosma e Damiano, dov’è il suo più antico affresco nella cappella di S. Antonio.

Carissimi concittadini e amici, succede per la seconda volta (a distanza di tre anni) che un nostro carissimo concittadino passa da questa alla vita eterna proprio poco prima del 19 febbraio: il 3 febbraio 2005 il carissimo Totò Occhipinti e il 4 febbraio 2008 il carissimo Piero Toselli: ambedue – come tutti noi, del resto – devotissimi del nostro Santo Patrono.

Piero è sempre con noi! Egli, in cordiale collaborazione con il presidente e i consiglieri dell’Associazione, è stato instancabile tesoriere generale, animatore di ogni iniziativa sociale, sostenitore di ben tre edizione del “Premio Poesia”, gestore attento e arguto dell’interessante “Notiziario” periodico della nostra Associazione, giunto al n° 85, e aperto alle associazioni “Gli Avolesi nel mondo sez. di Roma” e “Antonello da Messina”.

Lutto che ancora una volta vela la festa patronale, ma che ci dà occasione di sentirci più uniti nella preghiera di suffragio e solidali con la sposa di Piero, i figli, i nipoti e i parenti tutti.

Il Gen. Piero Toselli, indimenticabile amico fraterno, per te invochiamo la misericordia paterna di Dio e con te vogliamo rivivere – se pur nella brevità omiletica - il dies natilis al cielo di San Corrado, in quel 19 febbraio 1351 nella grotta netina dei Pizzoni.

La tradizione antica è univoca nell’affermare che il Santo, prossimo ai 60 anni, ha il volto smagrito e ieratico, come sorprendentemente è confermato dalla ricostruzione fisiognostica eseguita nel 2000 dall’Istituto di paleopatologia dell’Università di Pisa. Comunque il Santo continua ad andare ogni settimana il venerdì a Noto, percorrendo a piedi, fra andata e ritorno, circa 9 km di disagevole viaggio. Allorché poi giunge il tempo in cui egli deve rendere l’anima a Dio, lo rivela ad un suo devoto, predicendogli una contesa tra netini e avolesi per il possesso del suo corpo, ed incaricandolo della sepoltura. Quando giunge il suo giorno, il Santo va nella sua grotta e, «postosi in ginocchio, eleva al Signore questa preghiera: ”Onnipotente Dio, ti raccomando l’anima mia e di ogni creatura; liberami, Signore, dalle mani del demonio, stendi la tua mano e dammi aiuto”. E sopra di lui è grande luce». E’ estasi? Così pensa il confessore che ha la sorte di assistere a quella scena sublime: si avvicina, compreso del più sacro rispetto; lo palpa, lo chiama con voce commossa; il cuire non batte più. E’ il 19 febbraio 1351!

Le campane di Noto e Avola suonano da sole a distesa. E’ morto fra Guglielmo, l’eremita delle “celle” del Crocifisso? Disingannati, tutti corrono ai Pizzoni, dove trovano il corpo del Santo anacoreta e per primi lo venerano.

19 febbraio 1351! Il Santo, partendo, ci lascia uno splendido solco di luce che ne perpetua nei secoli la memoria. Egli vive sempre con noi nelle sue virtù, nel suo eroismo, nei suoi portenti. E’ una gara incessante tra protetti e Patrono. Basterà il suo nome e il fulgore dei suoi prodigi a mantenere la fede sempre viva negli animi. I Netini, in qualunque punto della terra vadano, lo portano con sé e ricorrono a lui in ogni bisogno.

Il miglior modo di onorarlo e propiziarne il patrocinio è di imitarne le virtù, di amare Dio e il prossimo, di esercitarsi nella pazienza e pensare che non siamo creati per la terra ma per il cielo.

E il carissimo Piero Toselli, devotissimo di San Corrado, ce ne ha dato fulgido esempio.

don Salvatore Guastella


I CILII a San Corrado: un aspetto importante della devozione netina

Gli antichi maestri lattonieri di cui abbiamo memoria lavoravano con maestria la lamiera realizzando delle vere e proprie opere d’arte


Gli artigiani dei cilii


di Salvatore Bertoli


Non sappiamo se l’introduzione avvenuta nel seicento di quegli “intorti grandi” voluta dal canonico netino Pietro Ansaldo per illuminare l’arca argentea di San Corrado corrisp

ondesse ai nostri odierni cilii, tuttavia segna una data d’inizio molto importante a cui tutti noi facciamo riferimento.

Agli inizi probabilmente la forma del cilio doveva essere molto semplice, doveva cioè svolgere il compito di proteggere il cero acceso.

Riteniamo che per illuminare l’arca argentea di San Corrado il cilio doveva necessariamente avere la stessa dimensione attuale, formato cioè da un lungo fusto di circa due metri, scanalato per una migliore presa sormontato da una coppa di

latta che racchiude all’interno un enorme cero. Questa coppa è formata da otto lati dipinti con immagini floreali o con altre dove sono raffigurati il santo, l’urna o il luogo in cui visse.

La tecnica di esecuzione ha subito nel tempo notevoli modifiche, infatti ancora oggi possiamo trovare cilii molto antichi risalenti alla fine dell’ottocento ed i primi del novecento, lavorati con la tecnica ad incastro. Questa tecnica consiste nell’unire le varie facce del cilio incastrando i bordi con uno speciale attrezzo chiamato piega lamiera.


Gli antichi maestri lattonieri di cui abbiamo memoria lavoravano con maestria la lamiera realizzando delle vere e proprie opere d’arte, ricordiamo ancora oggi i nomi dei fratelli Di Maria, del maestro Azzaro, ma soprattutto quello del maestro Formica che operava nella sua bottega di via Salvatore La Rosa.


foto: Salvatore Bertoli durante il restauro di un maestoso Cilio


Oggi la tecnica è cambiata notevolmente, si predilige la saldatura, una tecnica più semplice e sbrigativa ma che perde in estetica. Le particolari lavorazioni che si facevano un

tempo sono del tutto scomparse, così come sono scomparsi i grandi maestri.

Sono in molti oggi coloro che si cimentano a realizzare i cilii, purtroppo lo fanno esclusivamente a livello amatoriale, tuttavia sono pochi quelli degni di menzione, in particolare ricordiamo: Corrado Lupo, Concetto Nastasi, ma soprattutto Franco Nastasi, per tutti conosciuto come “Cicciu u gommista” e Salvatore Bertoli, quest’ultimo fra l’altro è anche l’ideatore del logo dei portatori dei cilii; Franco Nastasi molto bravo nella realizzazione del cilio nella sua forma grezza, basti pensare che è stato un po’ il maestro di tutti coloro che ai giorni nostri si cimentano in quest’arte, Bertoli invece si distingue in quella pittorica con tecniche innovative e sempre

con lavori unici, a differenza degli altri che fanno copia conforme di altri modelli esistenti.

Salvatore Bertoli

Segretario della Associazione dei portatori di Cilii Fedeli a San Corrado - Noto




San Corrado Confalonieri eremita
Patrono della città e diocesi di Noto (Sr)
benedice e protegge la natìa Piacenza

di Salvatore Guastella

Un filone d’oro dell’eremitismo cattolico passa per il Val di Noto nella Sicilia sud-orientale, che ha visto fiorire una plurisecolare esperienza eremitica lungo le valli dei Monti Iblei sin oltre i Pizzoni. Soprattutto è la grotta di San Corrado - dove egli visse e dove morì il 19 febbraio 1351 alla cava dei Pizzoni - che ha sempre catalizzato la vita eremitica locale, divenuta intensa dopo che Leone X lo dichiarò Beato il 28 agosto 1515.
Tra i tanti ‘uomini di Dio’ – i quali sulla scia di San Corrado Confalonieri vi hanno vissuto il Vangelo sine glossa – ricordiamo il beato Antonio Etiope (+1550) molto venerato in Brasile, i venerabili Pietro Gazzetti di Modena (+1671), Alfio da Melilli (+1708) e Girolamo Terzo da Noto (+1758), come anche fra Giambattista Fabbrica da Milano (+1705), fra Francesco da Magdeburgo (+1751) al secolo Nicola Ernesto Millen, già luterano, fra Carmelo Tasson da Portolongone, già capitano, fra Giuseppe Lo Res Spinosa di Alessandria (+1769), fra Luigi Belleri da Pavia (+1778) e gli spagnoli fra Giuseppe Cicamo già militare, fra Giuseppe Omne vescovo in partibus e fra Mattia Davias; inoltre recentemente gli eremiti orionini frate Ave Maria (+ Butrio 1964), fra M. Bernardo da Montalto Ligure (+1974) e fra Antonio Taggiasco (+1983). Sulla roccia della loro preghiera e carità sta la religiosità del nostro popolo.
Noto, conosciuta in Europa e nel mondo quale capitale del Barocco siciliano, è indicata come città di San Corrado che là visse e concluse il suo esemplare itinerario ascetico e di carità. Secondo Tucidide,la prima Noto venne fondata dai Sicani nel 1480 a. C.; nel secolo V a. C. per motivi strategici Ducezio re dei Siculi la trasferì sul monte Alveria (il sito dell’attuale Noto antica). Dopo Cristo, sin dall’epoca apostolica Noto abbracciò la fede cristiana e trasformò i templi di Ercole e di Marte in chiese dedicate a S. Giovanni Battista e S. Elia profeta.

Occupata anch’essa dai Saraceni (a.864), nel 903 il Parlamento generale di Palermo, riordinando l’assetto amministrativo dell’Isola la divise in tre Valli: Val Demone (la Sicilia nord-orientale), Val di Mazara (la Sicilia occidentale) e Val di Noto (la Sicilia sud-orientale). I Normanni liberarono l’Isola nel 1091. A loro succedettero gli Svevi e gli Angioini e, dopo i Vespri Siciliani (1282), gli Aragonesi. Proprio durante il regno aragonese San Corrado giunge a Noto dalla natìa Piacenza.
La “Vita Beato Corradi” (codice del sec. XIV che si custodisce in archivio della cattedrale netina) resta – con poche altre fonti posteriori (secc. XVI-XVII) – la fonte primaria per una cronologia ragionata del Santo Eremita Piacentino.
La sua conversione ascetica, dopo aver riparato i danni dell’involontario incendio causato durante una caccia, sarebbe anteriore al 1322, anno indicativo in cui egli va in un luogo dove vivono «poveri servitori di Dio», luogo che la tradizione indica nel romitorio-hospitale di Calendasco. Qui compie il noviziato e trascorre un certo tempo, maturando il desiderio di solitudine e di preghiera.
Nel 1322-24 Corrado lascia definitivamente il territorio piacentino per andare pellegrino sino alla terra che il Signore gli mostrerà: avventura umana, questa, intrapresa alla ricerca di Dio come il biblico Abramo. Ma prima di lasciare Calendasco il superiore del Romitorio, fra Aristide, prega con lui e lo benedice: «Fratel Corrado, in nome di nostro Signore Gesù Cristo, ricevi questo bordone (bastone dal manico curvo) sostegno per il viaggio e dei tuoi travagli durante il cammino di pellegrinaggio; ricevi questa scarsella (tascapane) e questa viera (conchiglia), segni del tuo pellegrinare affinché, trasformato e pacificato, tu possa meritare di giungere alla meta dove desideri andare…» (dal ‘Liber Sancti Jacobi’).
Le mete privilegiate dei pellegrinaggi medievali erano Roma, Gerusalemme e Compostella. Corrado s’incammina per la via Romea Francigena verso la Città Eterna, ‘crocevia dei santi’, a ritemprare la sua fede presso la tomba di San Pietro. E’ a Roma che si fa più chiaro in lui il progetto di venire a stabilirsi in Sicilia tra gente sconosciuta; sembra, per aver sentito decantare da un suo amico la dolcezza del clima e soprattutto per il grande fervore religioso e il senso vivo dell’ospitalità degli abitanti. Accrebbe in lui tale ottima impressione l’aver ammirato nell’atrio di un antico palazzo romano affreschi raffiguranti santi e martiri siciliani. Ma ci sono altre due valide ipotesi:
a] E’ significativa l’espressione [del codice cit. del sec. XIV] che Corrado venne in Sicilia «per meglio servire Dio»: ciò indica la fama corrente allora nell’Italia settentrionale, che vedeva nella Sicilia una non lontana mini-Tebaide adatta all’eremitismo; infatti già nel sec. IV (con S. Ilarione) vi erano giunti gruppi di asceti. C’è da notare che il regno di Sicilia nel sec. XIV fino al 1372 era in stato di conflitto con il papato. Anzi nella prima metà di quel secolo (quindi al tempo del nostro Santo) i numerosi movimenti spirituali che reclamavano la riforma della Chiesa e che propugnavano idee pauperistiche, pensavano poter trovare nel re aragonese Federico III (alla cui corte era il celebre francescano Raimondo Lullo) e, quindi, in Sicilia il luogo dove poter vivere il loro ideale.
Quindi sarebbe stato facile ai «poveri e servitori di Dio» (erano terziari francescani?), incontrati da Corrado a Calendasco, indicargli la Sicilia come luogo dove trovare l’ambiente geografico e sociale adatto al suo progetto eremitico. Proprio in quel sec. XIV la corrente emergente di spiritualità eremitica motivò la scelta della Sicilia da parte di altri asceti del nord-Italia. Ricordiamo, ad esempio, il beato Federico Campisano, il beato Gandolfo da Bignasco (MI), il beato Gerardo Cagnolo da Valenza sul Po (AL) poi frate minore (+1342), il beato Guglielmo Gnolfi e il beato Signoretto di Pisa (+1360).
b] Altra ipotesi. E se quei «poveri e servitori di Dio» del romitorio di Calendasco fossero stati invece frati del movimento degli Spirituali francescani? avrebbero senz’altro ritenuto prudente indicare al giovane cavaliere piacentino la Sicilia come rifugio sicuro e ideale per vivere in pace la vita di solitario. Sappiamo infatti che gli Spirituali, perseguitati e sconfessati, si riversarono a diverse ondate in Sicilia per trovarvi protezione e ospitalità. Secondo questa ipotesi, Corrado, guidato dallo Spirito del Signore, preferì allontanarsi dalla terra natìa per poter rimanere in serena comunione con la Chiesa Cattolica, come dimostrerà a Noto, accogliendo nella sua grotta il vescovo di Siracusa (da cui allora dipendeva Noto) e recandosi in vescovado «per voler andare a parlare e a confessarsi con il vescovo».
Così Noto diviene la sua seconda patria, il luogo prescelto da Dio per condurlo alla santità! Nella città siciliana il nobile piacentino, in un primo tempo ospite all’ospizio San Martino, visse di elemosina come povero tra i poveri e là trovò un giaciglio per la notte. Così egli si andava abituando a quella vita eremitica che aveva sognato di voler vivere in Sicilia. Forse attendeva da Dio un segno che gli consentisse di individuare il luogo e il tempo per attuare il suo ideale. La Provvidenza lo fece incontrare con Giovanni Mineo, il quale gli indicò le Celle adiacenti la chiesa del Ss. Crocifisso, dove viveva solitario il netino San Guglielmo Buccheri; proposta che venne accolta dal santo pellegrino piacentino solo come soluzione provvisoria.
I netini «cominciarono ad accorgersi della sua santa vita» e accorsero a visitarlo: egli tutti accoglie volentieri. Ma il Signore gli ispira di ritirarsi fuori città in una delle grotte dei Monti Iblei ai Pizzoni, dove vivrà in preghiera e penitenza, largo a tutti di aiuti e di consigli spirituali, di intercessione, di profezie e di miracoli, sino al giorno del suo beato transito, avvenuto il 19 febbraio 1351. Da quel giorno la storia di Noto ha in San Corrado il supplemento d’anima e il faro luminoso che la guiderà, la sosterrà e la preserverà da ogni rischio. Basta il suo Nome e il fulgore dei suoi prodigi a mantenere sempre viva la Fede negli animi a Lui devoti! I netini, in qualunque parte della terra vivano, Lo portano con loro e a Lui ricorrono in ogni bisogno.
Il pellegrino Corrado, giungendo a Noto, si era presentato come ‘Corrado da Piacenza’, all’uso dei religiosi. Ma dopo la sua morte, i netini – dovendo raccogliere testimonianze per il primo processo informativo per la canonizzazione, mandarono a Piacenza un sacerdote per assumere informazioni; risultò che egli era della Famiglia Confalonieri. Così canta ne ‘La vita e i miracoli di S. Corrado’ il netino Girolamo Pugliese (sec. XVI) nella 43ª sestina [traduzione dal siciliano]: «Volle sapere la città di Noto / qual’era di Corrado il cognome. / Si recò a Piacenza un degno sacerdote / per informarsi dai più anziani. / Risposero che era un noto cavaliere / andato via dalla città a fare vita penitente: / era un Confalonieri di Piacenza».
Nonostante la conclamata santità di vita e i tanti prodigi operati dal Santo Eremita Piacentino, tuttavia il riconoscimento ufficiale della Chiesa avvenne molto tardi, nel 1515.
I motivi di tale lentezza? a] la crisi attraversata dalla Chiesa sotto il pontificato di Bonifacio VIII (1254-1303), b] la successiva Cattività avignonese (1309-1378), c] il devastante Scisma d’Occidente (1378-1415), d] la preoccupazione dei Papi di non impegnare in tali frangenti l’infallibilità pontificia, che causò l’appesantimento delle procedure e l’esame delle deposizioni dei testimoni nei processi. e] Infine il sorgere di nuove devozioni e di nuovi santi a voce di popolo fecero prudente la suprema gerarchia ecclesiastica fino alle prove giuridiche e soprannaturali, corroborate dai miracoli. f] A ciò va aggiunta la situazione in cui visse la Sicilia per tutto il secolo XIV: sempre fedele all’ortodossia romana, ma implicata nelle peripezie degli Aragonesi regnanti.
Così la fama di santità di Corrado e la devozione del popolo netino dovettero attendere ben 130 anni circa per poter iniziare il regolare processo informativo per la canonizzazione. Difatti il vescovo di Siracusa Gabriele Dalmazio di S. Dionisio (1469-1511) il 9 maggio 1485 ordina di raccogliere le testimonianze per la canonizzazione del Beato Corrado. Per vari impedimenti il vescovo Dalmazio non può far giungere il processo a Roma. Fu per opera del netino Giacono Umana vescovo di Scutari e vicario generale di Siracusa che si potè concludere felicemente la vicenda. Ecco come.
Il 12 luglio 1515 Leone X, con Breve ‘Exponi nobis fecerunt’, delegò il vescovo di Siracusa o il suo vicario generale di «istruire il processo testimoniale sul culto prestato al Beato Corrado e i miracoli attribuiti alla sua intercessione, e quindi di autorizzarne la venerazione come Beato». Il Beve pontificio venne eseguito “auctoritate apostolica” da Mons Giacomo Umana. Egli il 28 agosto 1515 in chiesa madre dell’antica Noto fece la ricognizione del venerato corpo e promulgò solennemente: «Noi delegato di apostolica autorità per questa circostanza sia agli abitanti di Noto che a tutti i fedeli d’ambo i sessi diamo licenza e concediamo facoltà in perpetuo di poter venerare lo stesso Beato Corrado alla pari degli altri Beati Confessori non ancora canonizzati, di celebrarne la festa il 19 febbraio, giorno quando egli passò da questa vita al Signore»!
Il 3 ottobre 1544 Paolo III ne autorizzò il culto in tutta la Sicilia. Nel 1610 i Giurati di Noto inviarono a Ranuccio Farnese, duca di Parma e Piacenza, e al Magistrato di Piacenza copia del poemetto latino “Conradias” del netino Vincenzo Littara e nell’occasione chiesero ricerche d’archivio per far luce sul periodo della giovinezza del Beato. Il 28.11.1612 Gian Luigi Confalonieri con atto notarile ottenne dal Capitolo di erigere in Duomo di Piacenza una cappella a San Corrado. In quella cappella, dopo i restauri radicali del vescovo G.B. Scalabrini nel 1900, sono rimasti solo gli affreschi della volta, eseguiti da G.B. Gallani di Lodi. Non contento, nel maggio 1615 volle venire in pellegrinaggio a Noto per venerarne il corpo e procurarsene una reliquia per Piacenza. Ma egli morì a Noto il 2 agosto seguente. La reliquia insigne del Braccio sinistro venne donata al Duomo piacentino il 23.09.1615 dietro richiesta del duca Ranuccio Farnese, del card. Farnese e degli Anziani e Priori della Comunità. Nel 1614, sollecitata dai netini, aveva visto la luce a Piacenza la “Vita di San Corrado” del Campi.
Urbano VIII nell’Indulto del 12 settembre 1625 lo dichiara Santo («Sanctus Conradus tertii ordinis S. Francisci») e ne estende il culto a tutti gli Ordini Francescani, ovunque nel mondo.
Calendasco, pittoresca cittadina vicino Piacenza, conserva molto decorosamente il Romitorio-Hospitale, dove S. Corrado nel 1315 c. vestì il saio, e il Castello dei Confalonieri. A Calendasco, e un po’ nei paesi vicini, la devozione a San Corrado è profondamente radicata e anche antichissima. Nel 1617, a cura del conte Zanardi Landi, discendente della Famiglia Confalonieri, venne fondato nella chiesa parrocchiale - che si vede adorna di non poche pitture del Santo – un “Legato di San Corrado”, e prima ancora di tale data lo stesso conte vi aveva fatto costruire in onore del Santo una cappella e un altare.
San Corrado va conosciuto sul luogo: a Piacenza, a Calendasco, a Carpaneto, a Firenzuola d’Arda come a Noto, altrimenti è come incontrarLo…sul calendario.
Comunque va dato atto che «la devozione a san Corrado in terra piacentina è profondamente radicata ed antichissima!» (Daniela Morsia).

Salvatore Guastella


Un inaspettato ulteriore legame con Noto dei devoti in Calendasco, si è potuto storicizzare grazie a mons. Salvatore Guastella: l'Inno compie 70 anni - 1937.2007 ed in Calendasco fu voluto grazie all'arciprete don Federico Peratici nei primi anni '50 in stretto rapporto con i devoti di Noto

L'INNO A SAN CORRADO di NOTO





Composto dal canonico di Noto SALVATORE TROPIANO nel 1937 e melodiosamente musicato dal M° FRA
NCESCO MULE'.

Lo spartito:





PIACENZA e la sua Diocesi abbraccia il nuovo Vescovo

Domenica 16 febbraio è stato ordinato il 107° Vescovo

Nel grande inserto del settimanale diocesano di 100 pagine dedicato a questo evento, alla pagina 98, tra i Personaggi Famosi si legge:
Diversi sono anche i piacentini celebri della provincia: San Corrado Confalonieri di Calendasco, i cardinali Ersilio Tonini di San Giorgio Piacentino e Agostino Casaroli di Castel San Giovanni...



Seguendo le orme di Cristo


Tra i simboli dello Stemma del Vescovo:
la conchiglia di San Giacomo è il classico distintivo del pellegrino.
La conchiglia ricorda anche che Piacenza è terra di pellegrinaggi e pellegrini. La città si trova sul percorso della Via Francigena diretta a Roma. Inoltre questa è terra di pellegrini: San Raimondo Palmerio (+ 1200), pellegrino a Santiago di Compostela; San Corrado Confalonieri ( + 1351), eremita e pellegrino; San Rocco di Montpellier particolarmente legato a Sarmato.
(pag. 15 dell'inserto speciale)


I Netini di Roma

celebrano il patrono San Corrado

23 febbraio 2008

Basilica Santi Cosma e Damiano ai Fori Imperiali

(omelia)

A Noto, San Corrado è annualmente celebrato il 19 febbraio, giorno del suo beato transito. Sempre attorno al 19 febbraio – e quest’anno sabato 23 – noi Netini di Roma ci ritroviamo ad onorarlo in questa prestigiosa basilica dei Ss. Cosma e Damiano, dov’è il suo più antico affresco nella cappella di S. Antonio.

Carissimi concittadini e amici, succede per la seconda volta (a distanza di tre anni) che un nostro carissimo concittadino passa da questa alla vita eterna proprio poco prima del 19 febbraio: il 3 febbraio 2005 il carissimo Totò Occhipinti e il 4 febbraio 2008 il carissimo Piero Toselli: ambedue – come tutti noi, del resto – devotissimi del nostro Santo Patrono.

Piero è sempre con noi! Egli, in cordiale collaborazione con il presidente e i consiglieri dell’Associazione, è stato instancabile tesoriere generale, animatore di ogni iniziativa sociale, sostenitore di ben tre edizione del “Premio Poesia”, gestore attento e arguto dell’interessante “Notiziario” periodico della nostra Associazione, giunto al n° 85, e aperto alle associazioni “Gli Avolesi nel mondo sez. di Roma” e “Antonello da Messina”.

Lutto che ancora una volta vela la festa patronale, ma che ci dà occasione di sentirci più uniti nella preghiera di suffragio e solidali con la sposa di Piero, i figli, i nipoti e i parenti tutti.

Il Gen. Piero Toselli, indimenticabile amico fraterno, per te invochiamo la misericordia paterna di Dio e con te vogliamo rivivere – se pur nella brevità omiletica - il dies natilis al cielo di San Corrado, in quel 19 febbraio 1351 nella grotta netina dei Pizzoni.

La tradizione antica è univoca nell’affermare che il Santo, prossimo ai 60 anni, ha il volto smagrito e ieratico, come sorprendentemente è confermato dalla ricostruzione fisiognostica eseguita nel 2000 dall’Istituto di paleopatologia dell’Università di Pisa. Comunque il Santo continua ad andare ogni settimana il venerdì a Noto, percorrendo a piedi, fra andata e ritorno, circa 9 km di disagevole viaggio. Allorché poi giunge il tempo in cui egli deve rendere l’anima a Dio, lo rivela ad un suo devoto, predicendogli una contesa tra netini e avolesi per il possesso del suo corpo, ed incaricandolo della sepoltura. Quando giunge il suo giorno, il Santo va nella sua grotta e, «postosi in ginocchio, eleva al Signore questa preghiera: ”Onnipotente Dio, ti raccomando l’anima mia e di ogni creatura; liberami, Signore, dalle mani del demonio, stendi la tua mano e dammi aiuto”. E sopra di lui è grande luce». E’ estasi? Così pensa il confessore che ha la sorte di assistere a quella scena sublime: si avvicina, compreso del più sacro rispetto; lo palpa, lo chiama con voce commossa; il cuire non batte più. E’ il 19 febbraio 1351!

Le campane di Noto e Avola suonano da sole a distesa. E’ morto fra Guglielmo, l’eremita delle “celle” del Crocifisso? Disingannati, tutti corrono ai Pizzoni, dove trovano il corpo del Santo anacoreta e per primi lo venerano.

19 febbraio 1351! Il Santo, partendo, ci lascia uno splendido solco di luce che ne perpetua nei secoli la memoria. Egli vive sempre con noi nelle sue virtù, nel suo eroismo, nei suoi portenti. E’ una gara incessante tra protetti e Patrono. Basterà il suo nome e il fulgore dei suoi prodigi a mantenere la fede sempre viva negli animi. I Netini, in qualunque punto della terra vadano, lo portano con sé e ricorrono a lui in ogni bisogno.

Il miglior modo di onorarlo e propiziarne il patrocinio è di imitarne le virtù, di amare Dio e il prossimo, di esercitarsi nella pazienza e pensare che non siamo creati per la terra ma per il cielo.

E il carissimo Piero Toselli, devotissimo di San Corrado, ce ne ha dato fulgido esempio.

don Salvatore Guastella

19 febbraio 2008





San Corrado
nostro glorioso Protettore
intercedi per noi tutti

fervidi Devoti




Venerata Reliquia in Calendasco
Pollice della mano sinistra
donata da sua Eccellenza mons. BLANDINI che fu Vescovo di NOTO





foto: la Reliquia più antica di San Corrado in Calendasco pezzo di osso del braccio sinistro



Migliaia di FEDELI e DEVOTI !
foto: Processione di SAN CORRADO CONFALONIERI

Volsi sapiri la Città di Notu

Qual era di Corradu lu cognomu

Andau in Placentia un dignu Sacerdotu,

Per sentiri d’antiqui lu renomu:

Dissiru, ch’era un Cavaleri notu,

Chi partutu s’havia per un Sant’homu,

Da la Citati a fari penitentia

Di li Confalonieri di Placentia.




nella foto: NOTO la magnifica Cattedrale dedicata a San Nicolò


SABATO 23 Febbraio 2008
I NETINI di ROMA
in FESTA per SAN CORRADO

Domenica 24 febbraio
Calendasco

Solenne Pontificale
con PROCESSIONE con la venerata Reliquia
dal romitorio alla Parrocchiale


Festa del Patrono 19 febbraio 2008 - Calendasco



nella foto: porzione dell'eremo-hospitale dei penitenti in Calendasco



N O T O
PROCESSIONE PATRONALE
19 febbraio 2008


per le foto un grazie al Segretario della Associazione Portatori di Cilii
Salvatore Bertoli
che a nome di tutti i devoti siciliani e delle varie Confraternite
ci ha fatto tutti partecipi della solenne Processione




















nella foto: l'Urna esce dalla Cattedrale di Noto per l'opera dei Portatori di San Corrado, in attesa schierati i Cilii devozionali d'antica tradizione





nella foto: Urna con il corpo di San Corrado Confalonieri
con i cilii e il solenne tributo delle forze dell'Ordine netine

ONORE AL SANTO
e Grazie alla città di Noto
Scriveva il Veratti nel 1880:

La città di Noto si meriterebbe anche il titolo di Grata e Devota per lo zelo di propagare la devozione al Suo Santo Protettore. Ad essa si deve se furono fatte conoscere a Piacenza le glorie di S. Corrado. Imperocchè col lungo giro di anni, sarebbe rimasta tutt'al più nella privata tradizione di sua famiglia la memoria dell'antenato partitone pellegrino e ramingo; ma di sua vita eremitica in Sicilia e della sua santità e dei miracoli nulla sapevasi a Piacenza.

(B. Veratti, Vita e Culto di S. Corrado, Noto tipografia Zammit, p. 35)




INTERVISTA a mons. Salvatore Guastella

nella foto : l'uscita dell'Arca d'argento con il corpo di San Corrado, dalla Cattedrale di Noto
circondata dai Cilii,
migliaia di devoti e fedeli
hanno accompagnato questa preziosa ed antichissima Processione


INTERVISTA

Poniamo all'attenzione di tutti i devoti di San Corrado piacentini e di ogni luogo questa bella intervista ad un insigne Storico e Studioso della Città e Diocesi di Noto, mons. Salvatore Guastella.
Sacerdote da oltre 60 anni, egli
è una delle più autorevoli figure nell'impegno spirituale e culturale circa la diffusione della storia e dell'incremento della venerazione al Santo piacentino.




A mons. Salvatore Guastella il nostro ringraziamento per questa ulteriore prova d'amicizia.

Intervista sul Culto e la devozione a San Corrado Confalonieri

a mons. SALVATORE GUASTELLA (Roma)

di Umberto Battini (Calendasco, Piacenza)


  • Mons. Salvatore, è da quasi un decennio che, grazie ai buoni auspici del compianto P. Gabriele Andreozzi Tor, lei intrattiene rapporti devozionali con alcuni fedeli piacentini, in special modo di Calendasco, luogo del primo ritiro del nostro comune Patrono. Che impressione ne ha ricavato?

R) E’ vero, mi resta indelebile nel ricordo la partecipazione al 3° Convegno nazionale su «Frate Corrado de’ Confalonieri santo pellegrino ed eremita. Alle origini dei penitenti francescani in terra piacentina» del 18 marzo 2000 presso l’Auditorium comunale sant’Ilario di Piacenza, grazie al cortese invito suo e di suo fratello Gianni; io vi tenni una relazione ed ho il cordiale ricordo di mons. Ponzini, di don Ossola parroco di Calendasco, del pittore Grassi e di altri cari amici, anche netini, residenti a Piacenza. In quell’occasione ebbi il piacere di consegnare al vostro ‘Centro studi e ricerche storiche Ad-Padum’ di Calendasco un nutrito contributo di volumi, articoli e saggi anche miei su San Corrado.

Davvero, da quando, per lo zelo del can. Pier Maria Campi (1569-1649), giunse a Piacenza ‘la notizia di santità’ di Corrado, è stato un crescendo anche Calendasco - là dove il nostro Santo aveva orientato la scelta eremitica – che lo ha voluto suo Patrono. A Piacenza c’ero stato già nel 1989, partecipando al pellegrinaggio diocesano netino del 29 giugno-3 luglio.

  • Personalmente, ma posso testimoniarlo anche per altri devoti piacentini, ci sentiamo molto legati a lei per tutto l’affetto e la solidarietà culturale e cultuale che ci ha sempre testimoniato al riguardo del Patrono San Corrado. Come pensa possiamo incrementare questa solidarietà anche verso tutti i devoti della sua città natale, l’ingegnosa Noto?

R) Innanzitutto Piacenza ha tenuto già cinque ‘Convegni nazionali’ sul Santo (il 5° nel 2007) al fine di incrementarne conoscenza e devozione. A Noto è stato fondamentale il recente Convegno di studio su «Corrado Confalonieri: la figura storica, l’immagine e il culto» (24-26 maggio 1990); Mons. Domenico Ponzini vi tenne un’erudita relazione su «La liturgia di S. Corrado. Genesi e sviluppo del culto». Recentemente, per lodevole iniziativa di lei sig. Umberto, è sorto a Calendasco il sito web che notizia e aggiorna sul nostro Santo: davvero qualcosa di concreto e di storico per i devoti tutti, innanzitutto piacentini. Negli anni ’90, il 19 febbraio, hanno celebrato la festa di S. Corrado a Noto sia Mons. Luciano Monari vescovo di Piacenza sia Mons. Ponzini parroco emerito del Duomo piacentino.

  • Da non molto ha festeggiato un traguardo importante, il 60° di sacerdozio. Ci racconti di tutti questi anni secondo la visuale del devoto a San Corrado: quanto ha segnato la sua vita di sacerdote e di studioso?

R) Venni ordinato sacerdote (eravamo sette) il 29 giugno 1945 in Cattedrale, dove esercitai l’ufficio pastorale di viceparroco per dieci anni. Nel luglio 1955 pubblicai una breve ‘Vita di San Corrado’. Sinora ho pubblicato anche: 1] Libero per servire. Articoli e saggi sul Santo patrono di Noto (1989), 2] L’arte tipografica nel nome di S. Corrado e Bibliografia minore su S. Corrado Confalonieri (1989), 3] Agosto netino ’94 in onore di Maria Ss. Scala del Paradiso e di S. Corrado Confalonieri nel 150° della diocesi di Noto (1994), 4] Il santuario di S. Corrado fuori le mura (1998), 5] S. Corrado ama e benedice la natìa Piacenza (2000), 5] I vescovi di Noto e la devozione a S. Corrado (2002), 6] San Corrado e la Madonna (2003), 7] S. Corrado e Giorgio La Pira nostri operosi profeti di pace e di santità (2005), 8] I Netini di Roma celebrano da 25 anni l’annuale festa del patrono S. Corrado Confalonieri (2006), 9] S. Corrado Confalonieri nell’arte magistrale di Giuseppe Pirrone scultore e medaglista netino (di imminente pubblicazione). Ogni netino sa di essere sempre e dovunque profondamente devoto e protetto da Santo Eremita Piacentino!

  • Il santuario e l’eremo del Santo, con il museo adiacente al santuario e l’arca argentea con il corpo del Santo e poi la secolare devozione dei netini: che significato assumono nella vita di un netino?

E’ stato lo stesso San Corrado a scegliere Noto quale luogo privilegiato della sua esperienza eremitica e quindi quale sua seconda patria. Sin d’allora i cittadini di Noto ebbero simpatia e rispettosa devozione per lui, come dice il codice cartaceo ‘Vita Beati Corradi’ del secolo XIV (che si conserva nell’archivio della Cattedrale netina): «Et li gitadini di la terra di Nothu àppiru [ebbero] grandi consolacioni di quistu homu, ki paria homu di bona et honesta vita».

Subito dopo la morte del Santo (19.2.1351) i netini sistemarono il suo corpo prima nella sacrestia della chiesa madre S. Nicolò poi, custodito in arca d’argento nella stessa chiesa madre, circondandolo di spontanea e continua devozione popolare. Si continuò così fino a quando i responsabili della città, in seguito alle norme impartite dalla Chiesa relativamente al culto dei santi, non sentirono il bisogno di avanzare una petizione a Roma e ottenere l’eventuale liberazione dalle censure ecclesiastiche in cui erano incorsi e per tributare al Santo Eremita regolare culto. Papa Leone X il 12 luglio 1515 delegò il vescovo di Siracusa a istruire il processo informativo e a proclamarne ‘per delegatum’ il culto; mandato apostolico eseguito nella chiesa madre dell’antica Noto dal suo vicario generale Mons. Giacomo Umana netino e vescovo titolare di Scutari, «determinandone la festa il 19 febbraio. Noto, 28 agosto 1515».

Da sette secoli ormai Noto – “la Città di San Corrado” - venera con incredibile entusiasmo di fede il corpo del Santo e pellegrina alla sua grotta al santuario dei Pizzoni nella valle dei Miracoli. Periodicamente ogni cinque anni e in circostanze eccezionali il popolo accompagna in pellegrinaggio notturno l’arca d’argento del Santo al suo Santuario fuori le mura, dove sosta alcuni giorni, prima della festa del Patrocinio che si celebra l’ultima domenica d’agosto.

  • Lei ha onorato me ed anche gli amici devoti piacentini di Calendasco sostenendo con la sua competenza di storico e studioso – non solo della Vita del Patrono – gli ultimi due volumi di studio editi sul Santo, studi che in Piacenza colmano un ‘vuoto’ quasi secolare e ci ha sempre incoraggiato nella realizzazione dei Convegni corradiani di Piacenza ed anzi nell’anno 2000 partecipò al 3° di questi Convegni. Da sacerdote e da studioso ma anche quale devoto di Noto, che idea si è fatta di questo nostro riscoprire e incrementare il culto e la conoscenza del Santo in terra piacentina?

R) Innanzitutto va dato a lei e a suo fratello Gianni, il merito di aver corroborato con quei due volumi di studio editi sul Santo la devota Calendasco e così, con essi, “colmato il vuoto quasi secolare” di conoscenza in Piacenza. Inoltre avete anche il merito di aver realizzato – come ho accennato sopra – già cinque Convegni nazionali corradiani, i primi due a Calendasco e gli altri a Piacenza. Mi fa piacere elencarli:

Il 1° Convegno su «Corrado Confalonieri: Santo ed eremita a Calendasco» (18 febbraio 1998),

Il 2° su «Appunti sull’Eremo-hospitio di S. Corrado a Calendasco» (19 febbraio 1999),

Il 3° su «Frate Corrado de’ Confalonieri santo pellegrino ed eremita. Alle origini dei penitenti francescani in terra piacentina» (18 marzo 2000),

Il 4° su «In Urbe Platentiae. Aspetti ed influssi del Movimento francescano» (10 marzo 2001),

Il 5°, internazionale, su «Lo stato attuale delle ricerche alla luce degli inediti piacentini» (9 giugno 2007).

Ben vengano simili iniziative culturali da umili cercatori di Dio, quali siamo, nel cammino spirituale cristiano, per lasciarci meglio guidare dallo Spirito del Signore e da Corrado Eremita nostro maestro di santità.

  • Mons. Salvatore, ha un ricordo particolare della sua vita, magari legato a S. Corrado, che ci vuole raccontare?

R) E’ stato nel 1992, quando ho ricevuto l’eccezionale privilegio di avere da Noto il “Braccio di San Corrado” per la festa patronale di domenica 23 febbraio: è stato il più bel dono del vescovo Mons. Salvatore Nicolosi ai suoi “netini romani”. Così per tre giorni, dal 22 al 24, ho avuto ospite eccezionale in camera mia quell’insigne Reliquia! Avvenimento, questo, per me memorabile.

  • Qual’é a suo parere un buon modo di onorare il nostro comune Patrono e allo stesso tempo sentirlo presente, quale esempio di vita, ai devoti e ai fedeli in genere; quale modello?

R) Il miglior modo di onorare San Corrado e propiziarsene il patrocinio è di imitarne le virtù, fuggire il peccato, amare filialmente Dio e fraternamente il prossimo, esercitarsi nella pazienza e pensare che siamo creati per il Cielo.

E’ rivolto anche a noi quanto scrisse nella Lettera apostolica al Vescovo di Noto il 14 settembre 1989 il Servo di Dio Giovanni Paolo II: «La Comunità diocesana, che ha S. Corrado quale suo speciale Protettore, a buon diritto ne ricorda le virtù, consapevole che la testimonianza della vita di un santo costituisce per ogni tempo un messaggio da raccogliere e un modello da imitare».

  • A Roma, dove lei risiede, la festa patronale i netini sono soliti celebrarla nella basilica dei Ss. Cosma e Damiano, che è la Curia generalizia del Terz’Ordine Regolare di S. Francesco (TOR). Ci parli di questo festoso incontro tra i devoti che vivono lontano dalla natìa Noto.

R) E’ dal 1981 che l’associazione de «I netini di Roma», costituita nel 1980, celebra la festa di San Corrado: il 19.2.81 a Santa Prisca all’Aventino, l’anno seguente a S. Francesca Romana sul Palatino. Dal 1993 - grazie alla preziosa segnalazione di P. Gabriele Andreozzi TOR. che, cioè, nella loro basilica dei Ss. Cosma e Damiano c’è il grande affresco di S. Corrado (sec. XVII) – vi celebriamo l’annuale festa, considerando ormai quella basilica su via dei Fori Imperiali “la nostra chiesa romana di San Corrado”! Ogni anno, durante la solenne Eucaristia, i canti liturgici e l’Inno del Santo vengono eseguiti e guidati dall’armoniosa Schola Cantorum ‘Mein Freude’ diretta dal M° Vittorio Capuzza, all’organo la Prof.ssa M. Teresa Muscianisi.

Sempre a Roma, presso la Biblioteca Vallicelliana (vol. ms. H28 f.260 «Vitæ Sanctorum ordine alphabetico dispositæ a littera A ad E») si legge una “breve relazione su S. Corrado”, inviata nel 1606 dalla città di Noto al card. Pietro Baronio; vi si trascrive anche questo ‘ritratto’ del nostro Santo: “Corrado era alto di statura e di portamento nobile, dallo sguardo dolce e dalla voce suadente e autorevole. Il suo corpo custodito in artistica arca d’argento è venerato a Noto nella sua cappella, dove quotidianamente si sperimenta la celeste protezione”. Il card. Baronio inserì la citata relazione nel vol. XXV dei suoi ‘Annales Ecclesiastici’ pp. 551-552.

  • Per concludere, nel ringraziarla per la sua sempre presente amicizia, le chiediamo un pensiero, una breve meditazione ed un auspicio per noi tutti devoti di ogni luogo d’Italia: dalla bellissima Noto passando per Roma e quindi a Piacenza e Calendasco, secondo l’itinerario dello stesso nostro comune Patrono San Corrado Confalonieri.

R) La citata “Vita Beati Corradi” lo indica pellegrino di pace. Infatti, dopo l’esperienza traumatica dell’incendio involontario, a Corrado “venni in cori di andare a serviri Deu” e“pervinni undi havia poveri et servituri di Deu” (nn. 51 e 56). Lascia, infatti, Piacenza e va in un luogo che la tradizione indica nel ‘romitorio del Gorgolare’ per la sua vicinanza del rivo Calendasco o Macinatore. Là compie il noviziato e trascorre un certo tempo, maturando il desiderio di solitudine e di preghiera.

Nel 1322 egli lascia definitivamente la terra piacentina per andare – come il biblico Abramo (cfr. Gen XII 1) – nella terra che il Signore gli mostrerà. Prima di partire, fra Aristide, superiore del romitorio di Calendasco prega per lui e lo benedice

Eccolo Corrado nella via romea solo, sconosciuto, senz’altra previsione che una fiducia illimitata in Colui che veste i gigli del campo e nutre gli uccelli dell’aria (cfr. Mt VI 28), chiuso in un ruvido saio e appoggiato al suo bordone di pellegrino. Il sacco pesa, i sandali e i ciottoli della strada, la sete e la fame lo attanagliano, l’anima però a poco a poco spicca il volo, dato che non c’è vero pellegrinaggio senza un minimo di ascesi. Egli fa onore semplicemente e gioiosamente al pasto frugale che un’anima caritatevole gli offre ad una tappa, riservandosi di far penitenza, per virtù o per necessità, alle tappe successive. Accolto dagli uni come rappresentante di Cristo, da altri sarà scacciato come intruso scroccone; ma egli riceverà con la stessa francescana letizia e umiltà le buone e le cattive venture del cammino. L’esperienza del pellegrinaggio anche per il nostro Santo è una meravigliosa scuola di semplicità e di abnegazione, di povertà e di altre virtù basilari di cui il mondo ha sempre bisogno. E il pellegrino Corrado rimane a Roma? No, ma nella Città Eterna egli matura la sua vocazione eremitica. Infatti – come sottolinea il citato codice del sec. XIV – “per meglio servìri a Deu sindi vinni in Sichilia” e sceglie Noto (Siracusa), dove vive di carità, povero tra i poveri. A chiunque va a trovarlo alle celle della chiesa del Ss. Crocifisso e, poi, nella grotta dei Pizzoni per chiedergli intercessione di grazie, per esprimergli ammirata gratitudine o per mettere alla prova la sua santità, tutti accoglie con volto sorridente, evangelizza, è largo di aiuti e di consigli spirituali, di intercessioni e di miracoli. Il nostro Santo Patrono si fa missionario itinerante tra il popolo netino, ogni qualvolta che dalla sua grotta dei Pizzoni scende in città. Lo ammiriamo paziente e paterno col figlio di Vassallo: “Questa metà di formaggio – gli dice - è di tua madre [la quale non avrebbe voluto farmelo avere tutto intero] e questa metà è di Gesù Cristo”; affabile con l’amico operaio e padre di famiglia: “Siano benedette queste mani che alimentano tante creature”; umile e premuroso con il suo vescovo di Siracusa, che accoglie nella sua grotta col pane caldo del miracolo: “Signor vescovo, non sono quello che voi pensate, perché io sono peccatore”. Fra Corrado resta grato con chi lo invita a mensa: “Dio rimeriti la vostra anima per la carità” ; è catechista con un altro operaio che lo incontra, gli bacia la mano e gli chiede: “Compare, insegnatemi qualche preghiera”, e fra Corrado gli insegna la recita del Padre Nostro e dell’Ave Maria. Il saluto abituale verso quanti egli incontra per le vie di Noto è: “Fratello/sorella, abbi tu pace”! Prossimo alla fine, quel 19 febbraio 1351 così prega: «Onnipotente Dio, ti raccomando l’anima mia e di ogni creatura… Signore, stendi la tua mano e dammi aiuto». Fioriscono subito le grazie ottenute per la sua intercessione e la devozione popolare cresce, soprattutto dopo la ricognizione canonica del suo corpo trovato incorrotto nel 1485. Papa Come ho accennato sopra, Leone X il 12 luglio 1515 delega il vescovo di Siracusa ad istruire il processo informativo e proclamarne ‘per delegatum’ il culto; mandato apostolico eseguito nella chiesa madre dell’antica Noto il 28 agosto 1515 dal suo vicario generale Mons. Giacomo Umana, netino e vescovo titolare di Scutari. Urbano VIII nella bolla del 12 settembre 1625 lo chiama “Santo” e ne stende il culto all’Ordine Francescano nel mondo. L’arca d’argento con il corpo di S. Corrado è in venerazione a Noto in Cattedrale.

Piacenza, Calendasco, Roma, Noto, …e l’Ordine Francescano hanno in San Corrado Confalonieri un faro luminoso di santità operosa! Egli - da vero uomo di pace e testimone di Cristo Risorto - tutti ci guida e sostiene. Inseriti ormai nell’unità europea, il nostro Santo Eremita Piacentino ci sprona ad essere, anche come cristiani, operatori di fraternità e di pace nel nostro ambiente e dovunque.



Intervista di Umberto Battini a nome di tutti i Devoti




Per approfondire

  • visita www.araldosancorrado.org
  • Questo Blog e' un prodotto amatoriale e non editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7 marzo 2001
  • Segnalate i vostri commenti, suggerimenti, idee
  • Per informazioni devozionali e storiche sul Santo Corrado potete contattare la mail penitente@alice.it
  • Usate liberamente foto e testi ricordando di segnalare il sito da dove proviene il materiale
  • L'Araldo di San Corrado è il Collegamento Devozionale Italiano dei Devoti e Fedeli del Santo piacentino morto a Noto il 19 febbraio 1351 e nato in Calendasco (Piacenza) nel 1290